Affitto commerciale, come funziona? Diritti e doveri delle parti
Nuova attività, nuovo fondo commerciale: ecco tutto quello che devi sapere sul contratto di affitto commerciale.
Se hai appena aperto un’attività oppure hai intenzione di farlo a breve, molto probabilmente sarai alla ricerca di un immobile dove poterla svolgere al meglio.
Una delle soluzioni più facili da mettere in pratica e decisamente meno onerosa rispetto all’acquisto è quella relativa all’affitto commerciale: vediamo in cosa consiste.
Che cos‘è l’affitto commerciale?
L’affitto commerciale è un contratto di locazione che prevede un accordo tra il proprietario di un locale commerciale e un inquilino che lo usa in cambio del pagamento di un canone prestabilito.
Come dice il nome stesso, la struttura in affitto deve quindi essere utilizzata esclusivamente per uso commerciale ossia per realizzare un negozio o per qualsiasi altra attività imprenditoriale.
Se, sotto questo punto di vista, si tratta di un contratto del tutto simile a quello classico previsto per la locazione di ambienti residenziali, sotto il profilo legale ci sono delle importanti differenze di cui tener conto e che regolano i diritti e i doveri delle due parti coinvolte.
Innanzitutto c’è da sottolineare che rientra in questa casistica la locazione di un qualsiasi locale, terreno o area non destinata all’uso abitativo, perciò possono essere considerati affitti commerciali anche quelli relativi a spazi dedicati al parcheggio o ad un magazzino, anche se non a destinazione commerciale.
Diritti e doveri di proprietario e inquilino
Come per tutti i contratti di affitto, anche quello di tipo commerciale prevede il pagamento di un canone che consente di godere da parte dell’inquilino di un locale ad uso commerciale.
Il canone deve naturalmente essere corrisposto entro le scadenze previste e rimane fisso per tutta la durata del contratto, mentre l’unico caso contemplato dalla Legge per poter aumentare oppure diminuire l’importo mensile riguarda gli aggiornamenti relativi all’inflazione (e di cui parleremo poco più in basso).
È importante sottolineare che, secondo quanto previsto dalle normative, il canone non deve essere per forza di cose un importo in denaro ma anche una prestazione di un’attività lavorativa specifica che viene messa a disposizione del proprietario.
Inoltre, ricordiamo che il canone va comunque corrisposto anche se l’inquilino non ne usufruisce, a patto che il locale sia utilizzabile e nella sua piena disponibilità.
Oneri accessori, ristrutturazione e restauro
C’è poi un’altra questione piuttosto complessa ovvero quella relativa agli oneri accessori e, nello specifico, alle spese che devono essere sostenute da parte dell’inquilino: la Legge prevede che queste siano a carico del conduttore per tutti quei servizi che sono collegati ad un effettivo godimento.
Facciamo un esempio: se un negozio è situato al piano terra di un condominio con affaccio diretto sulla strada, evidentemente non utilizzerà mai l’androne dell’immobile.
Ciò significa che tutte le spese collegate a questa zona condominiale non possono essere a carico del conduttore perché non la utilizza.
In alcuni casi possono essere effettuati anche degli interventi di ristrutturazione e di restauro in base a delle esigenze specifiche che, oltre al comfort, andranno ad aumentare anche il valore catastale del locale stesso.
Normalmente queste spese sono a carico del proprietario ma c’è comunque la possibilità di pattuire un canone costituito da una somma di denaro relativa alla locazione e da un’altra parte dedicata alla ristrutturazione.
Il canone
A proposito di canone, questo rimane invariato per tutta la durata del contratto e può essere al massimo diminuito qualora entrambe le parti siano concordi.
L’unico caso in cui è accettato un aumento del canone è quello relativo all’aggiornamento dovuto all’inflazione ma, per poterlo attuare, è necessario che questa particolare casistica venga introdotta già all’interno del contratto attraverso una clausola specifica.
L’aggiornamento dovuto all’inflazione (detto anche adeguamento Istat) dovrà poi seguire un preciso meccanismo per cui la variazione del contratto non potrà superare il 75% della variazione dell’indice del costo della vita Istat qualora ci sia un contratto di sei anni.
Se, invece, la durata è superiore, allora l’aggiornamento può essere anche superiore al 75%.